TelegraphCove
13-03-2011, 01:22
I tanti, tantissimi alberi di pino marittimo caduti a Forlì il 2 marzo, gli innumerevoli rami rotti che ancora giacciono per le vie cittadine mi hanno fatto ricordare alcune annotazioni che lessi tempo fa sull'origine e la composizione delle "pinete ravennati".
Da quel che ricordo e che sintetizzo, dopo il termine dell'ultima era glaciale, sul litorale ravennate come sul resto della pianura padana, si erano determinate condizioni favorevoli alla espansione di grandissimi boschi di latifoglie di clima fresco, composti principalmente di querce, pioppi e frassini.
Si trattava di foreste fittissime, impenetrabili, nella quali si celavano i villaggi dei Galli che da qualche secolo avevano invaso l'Italia Settentrionale.
Si narra, ad esempio, che Cesare si smarrì in un bosco fuori Ravenna; è nota la "Selva Litana" nella quale fu sconfitto dai Galli l'esercito romano, come pure è fatta menzione di una Selva Fetontea dal Veneto alla Romagna.
In questi boschi non c'erano, con ogni probabilità, pini marittimi; il clima romagnolo, nelle sue fasi storiche più fredde, non avrebbe permesso la naturale crescita di questo tipo di essenza arborea.
Furono probabilmente i romani ad effettuare le prime piantagioni di pini per rifornire di legname i cantieri navali del porto di Classe già attivo ai tempi di Augusto; nei secoli successivi furono i monaci a coltivare questo tipo alberi.
Si ha notizia, infatti, poi di piantamenti fatti dai monaci della Badia di Porto, dall'abate di Classe e dai monaci di San Vitale.
Ma come fecero le piantagioni di pini marittimi, così sensibili al freddo, a superare le terribili crisi climatiche che colpirono l'Italia e l'Europa intera dopo la fine del periodo caldo medioevale se oggi questi alberi cadono a decine e decine per una "semplice" nevicata da 40 cm ?
Le crisi fredde provocarono in effetti terribili danni coperti da ingenti seminagioni; solo per citare un esempio Sisto V, con il Bando del 16 aprile 1590, proibiva il pascolo nelle pinete non solo per l'anno della semina ma anche per i quattro successivi.
Per arrivare a tempi più recenti danni notevoli alle pinete si ebbero ovviamente nel 1929, 1956, nel 1962-63 e nel 1985.
Il clima mite degli ultimi decenni sarebbe quindi favorevole alle pinete salvo che proprio il caldo, la siccità estiva e ma anche le devastazioni e l'incuria provocate dall'uomo stanno degradando il resto delle formazioni boschive.
Chi è andato di recente nella pineta di Classe o nella San Vitale avrà visto che in molti luoghi il bosco fitto è diventato rado e sta assomigliando sempre di più ad una piantagione di pini sopra dune di terra sabbiosa.
Chiudo con un appello: rispettiamo la selva oscura nella quale si perse il sommo poeta !
Da quel che ricordo e che sintetizzo, dopo il termine dell'ultima era glaciale, sul litorale ravennate come sul resto della pianura padana, si erano determinate condizioni favorevoli alla espansione di grandissimi boschi di latifoglie di clima fresco, composti principalmente di querce, pioppi e frassini.
Si trattava di foreste fittissime, impenetrabili, nella quali si celavano i villaggi dei Galli che da qualche secolo avevano invaso l'Italia Settentrionale.
Si narra, ad esempio, che Cesare si smarrì in un bosco fuori Ravenna; è nota la "Selva Litana" nella quale fu sconfitto dai Galli l'esercito romano, come pure è fatta menzione di una Selva Fetontea dal Veneto alla Romagna.
In questi boschi non c'erano, con ogni probabilità, pini marittimi; il clima romagnolo, nelle sue fasi storiche più fredde, non avrebbe permesso la naturale crescita di questo tipo di essenza arborea.
Furono probabilmente i romani ad effettuare le prime piantagioni di pini per rifornire di legname i cantieri navali del porto di Classe già attivo ai tempi di Augusto; nei secoli successivi furono i monaci a coltivare questo tipo alberi.
Si ha notizia, infatti, poi di piantamenti fatti dai monaci della Badia di Porto, dall'abate di Classe e dai monaci di San Vitale.
Ma come fecero le piantagioni di pini marittimi, così sensibili al freddo, a superare le terribili crisi climatiche che colpirono l'Italia e l'Europa intera dopo la fine del periodo caldo medioevale se oggi questi alberi cadono a decine e decine per una "semplice" nevicata da 40 cm ?
Le crisi fredde provocarono in effetti terribili danni coperti da ingenti seminagioni; solo per citare un esempio Sisto V, con il Bando del 16 aprile 1590, proibiva il pascolo nelle pinete non solo per l'anno della semina ma anche per i quattro successivi.
Per arrivare a tempi più recenti danni notevoli alle pinete si ebbero ovviamente nel 1929, 1956, nel 1962-63 e nel 1985.
Il clima mite degli ultimi decenni sarebbe quindi favorevole alle pinete salvo che proprio il caldo, la siccità estiva e ma anche le devastazioni e l'incuria provocate dall'uomo stanno degradando il resto delle formazioni boschive.
Chi è andato di recente nella pineta di Classe o nella San Vitale avrà visto che in molti luoghi il bosco fitto è diventato rado e sta assomigliando sempre di più ad una piantagione di pini sopra dune di terra sabbiosa.
Chiudo con un appello: rispettiamo la selva oscura nella quale si perse il sommo poeta !