massimo anzola
04-12-2013, 11:03
Ho finito di leggerlo e ora lo posso dire in via definitiva:
è un capolavoro !
Quante volte negli anni ’60 e ’70 ho desiderato che fosse scritto un libro del genere !!
Nella mia ingenuità d’allora ho anche cercato nelle librerie o nelle pubbliche biblioteche una pubblicazione del genere, ma ovviamente non ho mai trovato nulla, perlomeno in relazione alla ns.regione.
E così pensavo: quando sarò grande lo scriverò io (patetici sogni di gioventù !!)
Finalmente 4-5 anni fa ecco il primo grande capolavoro: il libro di Lombroso e Quattrocchi sui quasi 200 anni di attività dell’osservatorio di Modena (scrissi una recensione sul vecchio forum di Emiliameteo.it, peccato non sia più possibile recuperarla) ed ora il secondo, magnifico capolavoro.
Randi e Ghiselli hanno fatto un lavoro egregio, da autentici appassionati oltre che da professionisti del settore: è veramente tangibile la grande passione che traspira da ogni pagina, oltre naturalmente l’estrema competenza. Un lavoro che ha unito mirabilmente le doti di appassionato unicamente a quelle (non così scontate) di storico, oltre che di climatologo/meteorologo.
Particolarmente azzeccata è stata l’idea di dividere il volume in almeno 4 grandi capitoli, invece di privilegiare una trattazione puramente cronologica di ogni inverno dal più antico in poi.
E così si comincia con la trattazione analitica e sistematica dei più grandi inverni del ‘900 e di questo secolo, per poi passare ai più grandi dell’800 (dal 1880 in poi; peccato non poter partire da più indietro); poi ecco la trattazione degli altri grandi inverni del XX e XXI secolo, per finire con il gustoso ultimo capitolo che tratta in maniera più sintetica i rimanente inverni degni di nota dal 1900 in poi.
Ogni inverno viene trattato in maniera mirabile: veramente azzeccate le carte in quota (di reanalisi per gli eventi pre anni ’80) accoppiate sempre con quelle al suolo e le tabelle relative alle temperature e agli accumuli nevosi: davvero un gran bel lavoro che deve essere costato una grande fatica agli autori.
Insomma, che dire ? 500 pagine lette in un attimo e quando si è giunti alla fine del libro nasce già la nostalgia per quella splendida lettura e si vorrebbe che ci fossero altre 500 pagine, anzi che il libro non finisca mai.
Una pietra miliare nell’ambito della letteratura climatologia della ns.regione.
p.s. se proprio voglio fare l’avvocato del diavolo e trovare qualcosa che si può perfezionare in una seconda edizione è il fatto che alcune nevicate facenti parte di inverni trattati sono state omesse, forse perché riguardarono solo il bolognese (e non la Romagna, cha è cmq. il fulcro, l’oggetto principale del volume): e quindi ecco non menzionate le grandi nevicate del novembre e dicembre 1978 (in novembre fu quasi una ripetizione della malaneve dell’anno prima), la scarsa enfasi sulla imponente nevicata del 31 dicembre 1979 che per il bolognese fu forse più abbondante della successiva del 5-6 gennaio, la non menzione dal clamoroso temporale nevoso (con tuoni e fulmini) del 26 dicembre 1980, la scarsa enfasi sulla consistente nevicata del 28/12/1984, che fu il primo vero assaggio del grande gennaio ’85, la non menzione, nell’inverno ’85-’86, della nevicata del 6 gennaio, ma soprattutto la non menzione dell’incredibile tempesta del 3 marzo 1984, con accumuli già di tutti rispetto in pianura, ma esagerati nel comparto collinare-montano (“la neve a metri” titolò il Resto del Carlino del giorno dopo). Anzi, forse quest’ultima è l’unica vera “pecca” del libro.
Gigio e Ghiselli, non voletemene per questo p.s.: in ogni recensione che si rispetti ci deve anche essere qualche critica, per non correre il rischio di venire considerati dei lecchini e degli adulatori !!
E da ultimo, permettetemi anche una piccola polemica personale: leggendo questo libro si vedono chiaramente quali sono le enormi potenzialità invernali di questa regione e risulta ben evidente come erano gli inverni del passato. L’anno scorso un forumista etichettò gli inverni del passato come “le fole dei nostri nonni”: questa affermazione non mi è mai andata giù ed ecco che ora Gigio e Ghiselli hanno risposto per me: spero che il forumista legga il libro e veda di persona quali erano le “fole dei nostri nonni”.
Azz., a proposito, quasi dimenticavo: grande la mia Anzola, regina del freddo e dell'inverno: ringrazio gli autori di averlo così ben evidenziato
è un capolavoro !
Quante volte negli anni ’60 e ’70 ho desiderato che fosse scritto un libro del genere !!
Nella mia ingenuità d’allora ho anche cercato nelle librerie o nelle pubbliche biblioteche una pubblicazione del genere, ma ovviamente non ho mai trovato nulla, perlomeno in relazione alla ns.regione.
E così pensavo: quando sarò grande lo scriverò io (patetici sogni di gioventù !!)
Finalmente 4-5 anni fa ecco il primo grande capolavoro: il libro di Lombroso e Quattrocchi sui quasi 200 anni di attività dell’osservatorio di Modena (scrissi una recensione sul vecchio forum di Emiliameteo.it, peccato non sia più possibile recuperarla) ed ora il secondo, magnifico capolavoro.
Randi e Ghiselli hanno fatto un lavoro egregio, da autentici appassionati oltre che da professionisti del settore: è veramente tangibile la grande passione che traspira da ogni pagina, oltre naturalmente l’estrema competenza. Un lavoro che ha unito mirabilmente le doti di appassionato unicamente a quelle (non così scontate) di storico, oltre che di climatologo/meteorologo.
Particolarmente azzeccata è stata l’idea di dividere il volume in almeno 4 grandi capitoli, invece di privilegiare una trattazione puramente cronologica di ogni inverno dal più antico in poi.
E così si comincia con la trattazione analitica e sistematica dei più grandi inverni del ‘900 e di questo secolo, per poi passare ai più grandi dell’800 (dal 1880 in poi; peccato non poter partire da più indietro); poi ecco la trattazione degli altri grandi inverni del XX e XXI secolo, per finire con il gustoso ultimo capitolo che tratta in maniera più sintetica i rimanente inverni degni di nota dal 1900 in poi.
Ogni inverno viene trattato in maniera mirabile: veramente azzeccate le carte in quota (di reanalisi per gli eventi pre anni ’80) accoppiate sempre con quelle al suolo e le tabelle relative alle temperature e agli accumuli nevosi: davvero un gran bel lavoro che deve essere costato una grande fatica agli autori.
Insomma, che dire ? 500 pagine lette in un attimo e quando si è giunti alla fine del libro nasce già la nostalgia per quella splendida lettura e si vorrebbe che ci fossero altre 500 pagine, anzi che il libro non finisca mai.
Una pietra miliare nell’ambito della letteratura climatologia della ns.regione.
p.s. se proprio voglio fare l’avvocato del diavolo e trovare qualcosa che si può perfezionare in una seconda edizione è il fatto che alcune nevicate facenti parte di inverni trattati sono state omesse, forse perché riguardarono solo il bolognese (e non la Romagna, cha è cmq. il fulcro, l’oggetto principale del volume): e quindi ecco non menzionate le grandi nevicate del novembre e dicembre 1978 (in novembre fu quasi una ripetizione della malaneve dell’anno prima), la scarsa enfasi sulla imponente nevicata del 31 dicembre 1979 che per il bolognese fu forse più abbondante della successiva del 5-6 gennaio, la non menzione dal clamoroso temporale nevoso (con tuoni e fulmini) del 26 dicembre 1980, la scarsa enfasi sulla consistente nevicata del 28/12/1984, che fu il primo vero assaggio del grande gennaio ’85, la non menzione, nell’inverno ’85-’86, della nevicata del 6 gennaio, ma soprattutto la non menzione dell’incredibile tempesta del 3 marzo 1984, con accumuli già di tutti rispetto in pianura, ma esagerati nel comparto collinare-montano (“la neve a metri” titolò il Resto del Carlino del giorno dopo). Anzi, forse quest’ultima è l’unica vera “pecca” del libro.
Gigio e Ghiselli, non voletemene per questo p.s.: in ogni recensione che si rispetti ci deve anche essere qualche critica, per non correre il rischio di venire considerati dei lecchini e degli adulatori !!
E da ultimo, permettetemi anche una piccola polemica personale: leggendo questo libro si vedono chiaramente quali sono le enormi potenzialità invernali di questa regione e risulta ben evidente come erano gli inverni del passato. L’anno scorso un forumista etichettò gli inverni del passato come “le fole dei nostri nonni”: questa affermazione non mi è mai andata giù ed ecco che ora Gigio e Ghiselli hanno risposto per me: spero che il forumista legga il libro e veda di persona quali erano le “fole dei nostri nonni”.
Azz., a proposito, quasi dimenticavo: grande la mia Anzola, regina del freddo e dell'inverno: ringrazio gli autori di averlo così ben evidenziato