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Meteorologia Parliamo di meteorologia... |
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18-05-2023, 10:27 | #1761 |
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Come agisce il nuovo clima qui? Dipende dalla conformazione dei territori? E quanto incide la crisi climatica? In ore di lacrime e fango, ci si interroga sui motivi meteorologici delle tragiche alluvioni che hanno colpito due volte in soli 15 giorni questi territori, con acqua caduta per quantità e tempi brevi mai vista in quasi un secolo. E solo lo scorso settembre, altre inondazioni avevano colpito sempre sull'Adriatico, tra Pesaro e Urbino.
Storicamente, le zone più impattate da tali fenomeni in Italia sono sempre state quelle del versante ovest, con episodi frequenti in Liguria, Piemonte, Sicilia e Sardegna. Ora però qualcosa sta cambiando. "Questo perché solitamente le perturbazioni arrivano da ovest, invece qui si tratta di una reiterata azione di minimi di bassa pressione sul Mediterraneo che poi impattano ad est", spiega Giulio Betti, meteorologo del Cnr-Lamma. "Tutto nasce dai blocchi anticiclonici sull'Atlantico. Anziché esserci un treno di perturbazioni atlantiche che con venti occidentali transitano poi velocemente verso est, ora c'è la tendenza all'isolamento di minimi di pressione sul Mediterraneo che sono letteralmente intrappolati dalle alte pressioni a nord, ovest ed est. Risalendo verso l'Italia questi minimi non fanno altro che scaricare grandi quantità di pioggia dall'Emilia Romagna in giù. Inoltre, quando c'è un minimo di pressione del genere, la configurazione del territorio incide: una zona come la Romagna, che si affaccia sul mare ed è chiusa dall'Appennino, fa da collettore dell'umidità. Di conseguenza le quantità di acqua diventano ingenti". Come aggiunge Antonello Pasini, fisico del Clima del Centro nazionale di ricerche, è perché siamo in presenza dell'effetto "Stau": "L'aria sul versante Adriatico si alza sugli Appennini e crea precipitazioni violente, quelle che ingrossano i fiumi. Quando l'aria sale condensa, il vapore acqueo diventa acqua e si formano le nubi. Se sale dal lato della montagna si parla di Stau, quando scende è l'inverso, l'effetto Föhn". In entrambe le alluvioni di maggio, un'altra caratteristica è stata la permanenza "lenta" del fenomeno. "Nel primo caso - spiega Pierluigi Randi, presidente dell'Associazione meteorologi professionisti - le piogge non sono nemmeno state violente, ma costanti e per oltre 36 ore. Nel secondo la depressione si è mossa lentamente, con il vortice che ha dissipato la sua energia spostandosi poco ma riversando tanta acqua in meno di 24 ore. Quest'ultima perturbazione è stata alimentata da un afflusso di aria estremamente umida prelevata da Jonio e Nord Africa, pescando aria calda persino dall'equatore". Un dettaglio che dovrebbe farci ragionare sull'aspetto globale della crisi del clima. "Infatti, dobbiamo smetterla di pensare che, in giornate magari fredde, non sia in atto il surriscaldamento: crisi del clima significa perturbazioni che arrivano da radici lontane, anche dalla calda Africa, e poi impattano da noi, come ora". Per poter affermare che l'intensità dell'alluvione romagnola è caratteristica della crisi del clima, ci sono oltretutto tre indizi che fanno una prova. "Negli ultimi due anni abbiamo avuto in quest'area tre eventi estremi di segno opposto: prima siccità grave e poi in 15 giorni due eventi di pioggia micidiale. Questo è un segnale chiaro della crisi del clima: eventi estremi in sequenza, che di solito hanno tempi di ritorno secolari, ma che invece si sono verificati in pochissimo tempo". Concorda Betti. "Situazioni così eccezionali sono il perfetto identikit del cambiamento climatico. Ovvero grandi quantitativi d'acqua che cadono rapidamente e in maniera intensa, sulle stesse zone, dopo la siccità. Si tratta degli scenari che da anni indicano gli scienziati dell'Ipcc". Questi effetti, nella fragile Italia, rischiano in futuro di farsi sentire sempre di più, aumentando i paradossi. In tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo, considerate zone a rischio, assisteremo infatti con più frequenza a momenti in cui "al sud ci sarà un surplus di precipitazioni" e al "Nord condizioni siccitose. Per dire: sopra il Po, a nemmeno cento chilometri di distanza dalla tragedia, le precipitazioni cadute non sono ancora necessarie per colmare il deficit idrico", aggiunge Betti. Da noi, è persino complesso parlare di tropicalizzazione del clima. Perché qui non ci sono stagioni ben distinte, come secca e umida, ma c'è una estremizzazione "settimanale" e le alluvioni possono verificarsi in ogni mese. "È successo anche nell'agosto 2022, in piena estate", ricorda Betti. Motivo per cui, aggiunge Randi, dobbiamo lavorare per preparare il Paese a livello di infrastrutture. "Dimentichiamoci le primavere di 20 anni fa - chiosa Pasini - . Oggi il riscaldamento di origine antropica porterà a condizioni meteo più stazionarie e impattanti: è tempo dunque di non rincorrere l'emergenza, ma lavorare per adattarci a scenari peggiori. Per questo servono politiche climatiche di lungo periodo, costanti: il cambiamento climatico non ha colore e ognuno di noi purtroppo deve farci i conti".
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"Non si gioca a scacchi con i piccioni: ignorano le regole, buttano tutti i pezzi per aria, sporcano in giro (e gli piace farlo) e alla fine se ne vanno via tutti impettiti convinti di aver vinto una partita che non hanno nemmeno compreso". Mario Tozzi |
18-05-2023, 13:06 | #1762 |
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È un ciclone nato nel Tirreno meridionale e oggi intrappolato sul Centro Italia, schiacciato fra due aree di alta pressione, con il suo carico di aria umida, che si scontra con gli Appennini. «Le condizioni di alta pressione che fiancheggiano questa depressione le impediscono di fluire da ovest verso est, seguendo il normale flusso della circolazione atmosferica. Ciò ha generato sulla Romagna questa enorme quantità di pioggia — spiega Silvio Gualdi, senior scientist al Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) dove dirige la divisione Climate Simulations and Predictions —. L’altro fattore che contribuisce a rendere questo evento eccezionale è il riscaldamento globale: un’atmosfera più calda contiene una maggiore quantità di vapore acqueo che, quando si verificano queste condizioni meteorologiche, è quindi in grado di produrre molta più pioggia».
La siccità prolungata dei mesi scorsi ha poi aggravato l’impatto, «perché un terreno particolarmente secco non riesce ad assorbire le precipitazioni in modo efficace, pertanto la pioggia tende a scorrere sul terreno». Meglio abituarsi, e adattarsi, a quella che rischia di diventare la «nuova normalità». «È probabile che questi eventi estremi diventino più frequenti in futuro. Piove meno frequentemente, e quindi aumenta la probabilità di periodi siccitosi, ma quando piove le precipitazioni sono più intense. È una tendenza che stiamo già osservando e secondo le proiezioni dei modelli climatici si accentuerà ulteriormente in futuro», prosegue Gualdi. Intanto, prepariamoci ad un’estate più calda ed umida del solito. Come adattarsi? «Si possono mettere in atto molte misure. Da quelle più “soft” – come l’informazione, la formazione e un sistema efficace di monitoraggio e allarme – alla trasformazione dell’ambiente, rendendolo meno vulnerabile. E poi lavorare sulla mitigazione del cambiamento climatico. Se un aumento delle temperature di 1,2°-1,3° produce simili conseguenze, proviamo a immaginare cosa succederà con temperature più elevate. Gli scenari degli scienziati sono molto chiari al riguardo. Anche sui costi sempre maggiori dell’adattamento, per mettere in sicurezza la popolazione e i beni».
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19-05-2023, 13:14 | #1763 |
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Finalmente sono riuscito ad avere la corrente e non essere isolato, non ho ancora letto quello che avete scritto, ma solo piccoli spezzoni, e leggere che alcuni esperti parlano di terreni secchi che fanno scorrere l'acqua fa rabbrividire. Anche un bambino sa che questo alluvione è arrivato su terreni già saturi dal precedente, 36 ore di pioggia continua, dopo una stagione che già aveva riempito ridracoli.
Per cui si può riuscire a lasciare fuori almeno l'antiscienza dal forum? |
19-05-2023, 13:18 | #1764 |
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Poi mi chiedo? Perché sono tutti così bravi e tutti sanno che in futuro questi alluvioni saranno più frequenti. Perché allora i fiumi hanno così tanti alberi e cespugli di ogni genere? Perché non li puliscono? Perché sanno che il clima cambia e i fiumi li puliscono sempre meno? Io non ho parole, qua da me il montone è una giungla che nemmeno si riesce a vedere il livello dell'acqua finché non arriva vicino alla cima dell'argina. Una roba di vegetazione allucinante.
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19-05-2023, 13:22 | #1765 |
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Poi per carità, una pioggia così non si conteneva cmq, ma cmq sia un fiume pulito ne avrebbe fatto scorrere sempre di più nel suo letto e meno tra le campagne e città, anche se tracima e rompe, rimarrà cmq un flusso maggiore anche nel fiume.
La manutenzione è fondamentale, oltretutto un fiume nel corso degli anni, piena dopo piena lascia sempre più deposito tra l'erba, la sezione disponibile diventa sempre meno, prima o poi vanno anche alzati argini o tolta terra dal suo alveo. |
19-05-2023, 13:22 | #1766 |
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Ma qui si parla solo di GW, e la manutenzione dov'è?
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19-05-2023, 14:08 | #1767 | |
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19-05-2023, 14:15 | #1768 |
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Scrive Gian Antonio Stella nel suo editoriale:
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale denunciava nel 2015 come il consumo effettivo del territorio, nel dopoguerra, fosse schizzato mediamente al 10,8% (oltre il doppio della media del territorio urbanizzato in Europa: 4,3%) con picchi da incubo nel Veneto (14,7%), Lombardia (16,3%), Campania (17,3%) fino al 22,8% in Liguria. Per non dire del suolo consumato in aree a rischio idraulico. Con Toscana ed Emilia-Romagna all’11%, Marche al 13% e Liguria addirittura al 30,1%. Da brividi. Eppure si è continuato a costruire, costruire, costruire: altri 883 ettari consumati nel solo 2021 in Lombardia, 683 in Veneto, 658 in Emilia-Romagna dove un sesto del territorio (il 14,6%) «è classificato a pericolosità elevata e molto elevata nei Piani di Assetto Idrogeologico». A livello nazionale «19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo». Ne valeva la pena, in un Paese fragile come il nostro esposto a eventi catastrofici che sul solo fronte delle frane ha contato negli ultimi 50 anni (1972-2021), 1.071 morti, 1.423 feriti e 145.548 evacuati? Il consumo di suolo non riguarda soltanto edilizia residenziale e commerciale, anche l'agricoltura ha ridotto di molto gli spazi di espansione dei fiumi in pianura e dei torrenti in collina. Le tanto celebrate bonifiche hanno regalato spazi all'economia ma ora la natura si riprende quello che è sempre stato suo. Penso a Forlì e al Montone tornato al suo vecchio alveo in zona Cava da dove era stato spostato oltre 500 anni fa per difendere la città sotto le mura a Schiavonia ... adesso è tornato dove era stato per millenni, peccato solo che nel frattempo ci siano state costruite case e attività commerciali. Il discorso vale anche per Faenza... gli anni 50 e 60 hanno fatto danni ambientali che non potremo mai recuperare.
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19-05-2023, 14:19 | #1769 |
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Anche Lorenzo Salvia, provando a rispondere alla domanda «È l’effetto del cemento?», ricorda che per l’Ispra l’Emilia-Romagna è la terza regione per incremento di suolo consumato tra il 2020 e il 2021(ne avevamo parlato nei giorni scorsi anche nella nostra Rassegna). Ma è anche una delle poche che, sul consumo di suolo, in attesa di una regolamentazione nazionale, si è dotata, nel 2017, di una propria legge regionale. Giudicata, però, un «fallimento» da associazioni ecologiste come Legambiente. E Andrea Agapito, biologo, responsabile del settore «Acque» del Wwf, aveva denunciato che, lungo corsi d’acqua come il Lamone, sono spariti i «boschi ripariali» nelle golene, che avevano un «effetto spugna»: frenavano l’acqua straripata, l’assorbivano e la restituivano in tempi di siccità.
Purtroppo non solo sul Lamone, molto di più sul Marzeno, causa scatenante del disastro faentino, e per piantarci il kiwi. Altro che colpa delle nutrie e degli istrici.
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19-05-2023, 14:20 | #1770 |
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Pierfrancesco Carcassi del Corriere di Bologna mette a confronto quanto fatto in Veneto e quanto non fatto in Emilia-Romagna: «Il Veneto ha imparato la sua lezione nel 2010. L’alluvione che devastò il Padovano e il Vicentino quell’anno fu l’impulso per realizzare opere anti-alluvionali per un miliardo e mezzo di euro. Senza, 23 anni prima, finì sott’acqua un’area di 140 chilometri quadrati. Tra il territorio sicuro di oggi e i 130 comuni allagati di 23 anni fa ci sono vari bacini di laminazione: soprattutto quello di Caldogno (Vicenza) e quello di Montecchia di Crosara (Verona). Sono grandi vasche in cui convogliare le acque in eccesso dei fiumi, realizzate grazie a fondi di emergenza: nello specifico 3,5 miliardi stanziati con il piano dopo l’alluvione del 2010». Per questo, dice Giampaolo Bottacin, assessore all’ambiente e alla Protezione civile del Veneto, la tempesta Vaia del 2018, pur facendo disastri nei boschi e scaricando 715 millimetri di pioggia in poco tempo, fece meno danni alluvionali rispetto al 2010.
Di fronte a una quantità di precipitazioni inferiore (300 millimetri, con punte di 450), i fiumi dell’Emilia-Romagna non hanno retto: su 23 corsi d’acqua in piena, 22 sono esondati. «La Regione — scrive Carcassi — in questi anni ha previsto di costruire ulteriori «casse di contenimento», per sfogare i corsi d’acqua durante fenomeni come quest’ultimo. I cantieri però sono lontani dal termine. Tra il 2015 e il 2022 sono stati destinati oltre 190 milioni di euro per la realizzazione di 23 bacini ma all’esplodere dell’ultima emergenza solo 12 erano funzionanti. Nove sono ancora da finire, altri due funzionano in parte». Ovviamente c'erano da vincere le resistenze locali, i comitati NOVASCA, gli amici del ranocchio e via di seguito. Si impara solo dalle tragedie, speriamo che questa non vada sprecata.
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