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Vecchio 20-03-2025, 10:38   #1
sanpei
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Predefinito Fiumi puliti o naturalizzati: dibattito.

Apro questo 3D per evitare di intasare gli altri con polemiche poco costruttive.
Inizio con l'intervento del geologo Paride Antolini.

La pulizia radicale dei fiumi ci ha salvato da un’altra alluvione? Paride Antolini (geologo): “Non esiste un’unica soluzione e non va fatta in montagna”
Questa volta, tutto sommato, è andata bene, le piogge dei giorni scorsi hanno fatto tanta paura, provocato qualche danno importante ma circoscritto, reso più fragile il territorio, senza però provocare ferite così profonde come quelle del 2023 e del 2024.
È però un fatto che viviamo in un ambiente sempre più sotto stress, che si sta cercando di proteggere e consolidare con un’enorme mole di interventi, per accrescerne il livello di sicurezza.
Qual è lo stato del territorio dopo le ultime piogge e perché il sistema questa volta ha retto? Quanto hanno contato le opere portate a termine fin qui? E a quali dobbiamo essere più grati? È tutto merito della pulizia dei fiumi? O del consolidamento degli argini? O di altro ancora?
Ne abbiamo parlato con il geologo Paride Antolini, esperto della materia e del territorio romagnolo.
L’INTERVISTA
Antolini, qual è la situazione?
È da maggio 2023 che il nostro è un territorio ripetutamente colpito da eventi meteo: questi, anche se non sempre eccezionali, si fanno sentire. Se posso fare un paragone, è come se si andasse a colpire un corpo già ferito, non c’è la stessa risposta che se fosse sano.
Le piene sono cambiate: la risposta dei fiumi – cioè il tempo che serve all’acqua per giungere dalla montagna al fondo valle – è sempre più breve: anche con piogge non necessariamente straordinarie o distribuite sull’intero bacino, come accadde a maggio 2023. Il reticolo idrografico, composto da fossi, rii e torrenti, fa scorrere le acque molto più velocemente, perché ogni evento meteo di una certa intensità che si è succeduto dall’alluvione in avanti, lo ha ripulito. Ha perso quella “scabrezza” che aiuta a trattenere l’acqua. L’eliminazione di foglie, rami e detriti dagli alvei, non fa altro che velocizzare l’acqua: per estremizzare, è come buttare un secchio d’acqua in una grondaia. Quindi le piene arrivano in pianura con una velocità e una potenza molto più forte.
Quindi, cosa è necessario fare?
Bisogna riuscire a rallentare le acque, soprattutto nella parte collinare e montana, perché i nostri fiumi non sono in grado di sopportare queste piene, lo hanno già dimostrato con le rotture arginali che ci sono state negli ultimi due anni. Più rallentiamo l’acqua e ne distribuiamo il deflusso nel tempo, più evitiamo di intasare e soffocare gli alvei in pianura.
Una certa parte di opinione pubblica insiste sulla pulizia radicale dei fiumi. Da quel che dice sembrerebbe necessario il contrario.
La pulizia dei fiumi è una “scienza” maledettamente difficile. Per fare un esempio, ritengo che i cedimenti osservati sugli argini di Villanova dopo le piogge dei giorni scorsi, dipendano da più cause. Di certo, ha inciso lo stress provocato al terreno dalle ripetute piene sopportate in un breve lasso di tempo. Ma quell’argine e quelle golene avevano raggiunto un equilibrio grazie alla vegetazione che vi insisteva sopra, che poi è stata eliminata, minando quell’equilibrio. Quando si lavora su situazioni precarie in maniera così energica, si scombinano equilibri preesistenti e non si sa con quali conseguenze. Ci sono scarpate delle golene che hanno ceduto perché si è portata via la vegetazione che vi si era insediata.
Non c’è una causa unica e non c’è una sola soluzione. Si sono tolti gli alberi per velocizzare la piena e fare in modo che scivolasse in fretta verso valle, ma così facendo si è anche indebolito l’argine. Se ci fossero stati gli alberi e il fiume avesse tracimato, si sarebbe data la colpa alla vegetazione. Se l’argine avesse ceduto, ci sarebbero state polemiche nell’altra direzione. Quando si lavora attorno ad una struttura vecchia, come sono gli argini, bisogna intervenire poco alla volta e con molta cautela.
A volte mi accusano di volere le foreste dentro i fiumi, ma non è così. Il fatto è che sono cosciente che quando si lavora su situazioni così delicate, emergono problemi importanti. Da sempre sostengo che non ci si può accontentare della pulizia dei fiumi, ma servono interventi complessi e strutturali sugli argini, per consolidarli. Forse sarebbe stato meglio che le energie utilizzate sulla pulizia dei fiumi, fossero state impiegate sul consolidamento degli argini.
Perché questa volta ci siamo salvati?
Perchè le opere di consolidamento realizzate fin qui hanno tenuto. La Regione sta facendo il massimo e si vede. Anche a posteriori di quest’ultimo evento, hanno fatto sopralluoghi sugli argini, inviato tecnici per i rilievi e per ulteriori opere. Non dimentichiamoci che non abbiamo qualche chilometro di argine, ma migliaia di chilometri. Poi c’è tutto il problema delle frane in montagna.
Qual è la situazione su quella parte del territorio? Quello che è stato fin qui fatto è sufficiente a mettere in sicurezza i territori e cosa servirebbe ancora?
Oggi sono stato a Tredozio per fare un esempio: le strade di collegamento tra una vallata e un’altra sono ancora interrotte. La strada che da Tredozio porta a Lutirano è interrotta da una frana. Se da Tredozio vuoi andare a Rocca San Casciano attraversando la valle, la strada è riservata ai residenti. Lassù bisogna intervenire sul dissesto, altrimenti anche questo velocizza l’acqua: su tutte quelle pendici su cui non c’è più un albero, l’acqua cade e scivola rapidamente a valle. C’è tutto un territorio che deve rigenerarsi e in parte lo farà autonomamente, ma se ogni sei mesi c’è un evento del genere, la situazione si fa complessa.
In collina c’è ancora molto da fare, ma quando succedono gravi drammi, la ricostruzione richiede tempo. Ci sono frane e dissesti davvero importanti, speriamo che con la primavera in arrivo si passi a cantierare le tante opere necessarie, in modo che per la fine dell’anno si possa vedere i lavori finiti. Anche ora comunque, di cantieri aperti ce ne sono tanti, ma aperto uno ne servirebbe un altro affianco. La montagna è disastrata e i suoi problemi poi si riflettono a valle, con piene più veloci, maggior accumulo di detriti, fango, alberi. Ora gli sforzi vanno concentrati in collina e in montagna per fermare l’acqua lì.
C’è anche chi sostiene che per farlo servono dighe e sbarramenti, ma non ci si rende conto che anzitutto sono opere che si riempirebbero di detriti ad ogni piena, con tutto il fango che i fiumi portano con sé. Inoltre, vorrebbe dire evacuare interi paesi ad ogni allerta meteo.
Ora l’Autorità di Bacino del Po ha pubblicato la sua proposta di piani speciali, che prevedono un insieme di interventi complessi da attuare. Porteranno sicuramente a vivere in pianura in maggiore sicurezza, ma non stiamo parlando di lavori che si possono eseguire in qualche anno. Serviranno decenni. Nel frattempo chi abita in quelle aree è esposto ai rischi.
Dunque fiumi puliti sì o no?
Quello su cui siamo ormai arrivati tutti a concordare è che la vegetazione nei fiumi a monte della via Emilia è fondamentale. Ora c’è da capire cosa fare con tutto il resto. Come dicevo prima, si tratta di trovare un compromesso. Se avessimo un argine nuovo, appena costruito, con tutte le tecniche ingegneristiche attuali, tra compattazioni, miscelazioni del terreno e via dicendo, avremmo un argine perfetto, sul quale neanch’io andrei a mettere nemmeno una pianta. Ma non è questa la situazione. I nostri sono fiumi con caratteristiche diverse da un chilometro all’altro, per capienza e struttura, con argini vecchi e non più performanti. In queste condizioni, velocizzare ovunque l’acqua, fa si che alcuni argini reggano e altri no. Inoltre ci sono argini che soffrono perché si impregnano d’acqua per giorni e altri per la forza con cui passa rapidamente la piena.
Ora comunque si è intrapresa questa strada della pulizia estrema degli argini: spero ci si limiti al massimo alla pianura e non alla collina. Se può aiutare e portare anche una situazione di maggior sicurezza, non sarò certo io a dire che non va bene. Mi limito ad osservare che in certe situazioni avrei tagliato un po’ meno, per via della fragilità degli argini più vecchi.
Sulle delocalizzazioni, voi geologi ne parlate dagli eventi alluvionali di maggio 2023, ora comincia a parlarne anche la Regione.
Le delocalizzazioni sono inevitabili, ci sono luoghi che non sono più sicuri per le persone e i cittadini stessi non vogliono più viverci. C’è da dire che quanto meno, abbiamo una macchina di Protezione Civile valida, le previsioni meteorologiche funzionano, come anche le allerte: quando si teme per un evento meteo, ormai sappiamo come organizzarci e prendiamo sul serio gli allarmi.
Dobbiamo sostanzialmente prendere atto che i problemi sono complessi, non ci sono soluzioni univoche o semplici, ma un insieme di rimedi che vanno adattati ai territori. Possono essere utili, ma non sono di per sé risolutive né le casse di espansione, né la pulizia dei fiumi e delle golene, né la tracimazione controllata o altro ancora. Sono tutte strategie che hanno una loro valenza e tutte insieme aiutano a raggiungere un grado accettabile di sicurezza
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"Non si gioca a scacchi con i piccioni: ignorano le regole, buttano tutti i pezzi per aria, sporcano in giro (e gli piace farlo) e alla fine se ne vanno via tutti impettiti convinti di aver vinto una partita che non hanno nemmeno compreso".

Mario Tozzi
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Vecchio 22-03-2025, 08:21   #2
campaz
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Una cosa è certa, l'acqua non si muove a caso ma segue regole fisiche ben precise, la fisica idraulica dice che se nel bacino di un fiume piove a un ritmo da 1.000 m3/s, su terreni saturi, per un periodo abbastanza lungo da raggiungere il tempo di corrivazione dell'intero bacino, vorrà dire che a chiusura bacino si presenteranno 1.000 m3/s che nel mio territorio romagnolo significa che devono tutti entrare dentro 2 argini stretti e percorrere 30, 40 o 50 km fino al mare, siccome la portata è data dalla sezione x velocità, in un tratto di pianura dove le pendenze sono inferiori allo 0,1% la velocità dell'acqua sarà molto blanda (siccome la velocità è data dalla gravità, cioè il dislivello tra 2 punti, la pendenza appunto) per cui l'acqua si deve accumulare in altezza per fare transitare tutto questo volume al secondo, più viene rallentata da ostacoli, tipo un bosco, e maggiormente si alzerà in altezza per fare transitare gli stessi m3/s.
E fin qui è un dato di fatto matematico.

Ora veniamo al problema che porta una piena lenta e quindi livelli più alti sugli argini: il principale problema di rottura di un argine è il sormonto e la sua erosione esterna fino al totale collasso (Traversara molte ore di tracimazione prima della rottura), altro problema portato da alti livelli sugli argini, è il pericolo sifonamento, cioè possibili infiltrazioni che poi si allargano con il passare delle ore fino a rottura, il tutto viene reso ancora più pericoloso dalla durata della piena sugli argini, una piena che scorre lenta passerà molte più ore a contatto con gli argini aumentando la saturazione dell'argine rendendolo più debole e più fragile nel caso di sifonamento e tracimazione.

Ora veniamo al pericolo piene troppo veloci, cioè alveo pulito dalle chiome degli alberi. Intendiamo sempre la pianura con pendenze sotto lo 0,1%, dove comunque la velocita data dalla pendenza, cioè dalla gravità, trova comunque presto il suo equilibrio con il rallentamento dato dall'attrito con la superficie, esiste proprio una formula per trovare la velocità e quindi la portata di un canale, servono 3 parametri: la pendenza, il raggio idraulico (rapporto tra sezione bagnata e perimetro bagnato) e l'attrito con la superficie (esiste un coefficiente di attrito in base alla scabrezza superficiale, con piante ad alto fusto, oltre alla scabrezza, aumenta proprio anche il perimetro bagnato, siccome l'acqua si deve muovere tra foglie e rami).Con questi 3 dati si può calcolare la velocità e la portata (sui libri scolastici e nel web trovate tutte le formule)
Per cui se un fiume di pianura a bosco ha una velocità di 3 km/h, a fiume pulito può anche raddoppiare a 6km/h (stima pressappochista) e quindi il livello dell'acqua rimarrà a livelli dimezzati con meno contatto sull'argine esterno e per meno ore, ma aumenta il pericolo erosione interna all'argine.

Ora giudicate voi, preferite il bosco e conseguenti alti livelli sugli argini con i suoi rischi (maggiori tracimazioni, sifonamento e saturazione)?
Oppure 6 km/h con livello dimezzato ma maggiore erosione alla base dell'argine?

Ricordando che le velocità nelle nostre pianure sono comunque blande e nel Lamone non si conoscono precedenti di rottura arginale dovuta all'erosione interna, ma solo rotture dovute a tracimazione. Oltretutto, con flusso rettilineo, lento (nel nostre pianure è sempre lento) e senza disturbi da ostacoli in alveo, il flusso è quasi laminare ( massima velocità al centro e quasi nulla sulle sponde), mentre gli ostacoli creano turbolenza, e un flusso turbolento, con vortici e mulinelli crea molta più erosione alle sponde.
Purtroppo anche nelle curve ci sono maggiori problemi di erosione (si risolvono con scogliere) sempre ricordando però, che nella nostra storia dell'ultimo secolo, mai un fiume ha rotto un argine a causa dell'erosione interna, ma quasi sempre a causa di un sormonto e in sporadici casi per sifonamento.

Poi ovvio che spostare argini e dare spazio ai fiumi si aumentano le portate e si risolvono i problemi, fatto ovvio che non si può di certo contraddire.
Ma finché non verrà allargato il tutto (anche volendolo fare serviranno decenni), serve una gestione impeccabile dell'attuale alveo disponibile e calcolare quale sarebbe la sua portata disponibile in base alla gestione fatta.
Poi da non trascurare il fatto dei sedimenti che si accumulano nelle strette piane golenali piena dopo piena, senza mai intervenire con riabbassamento golenale, il fiume (intendo sempre il tratto di pianura arginato) nel corso dei decenni, si troverà con sezioni sempre più strette.
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